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sabato 15 maggio 2010

ANCHE LA REGIONE TOSCANA DICE LA SUA SULLO STRESS LAVORO CORRELATO: UN'OCCASIONE MANCATA

Dopo la Regione Lombardia, anche la Toscana ha voluto partecipare alla discussione sul tema dello stress occupazionale con la pubblicazione di un documento dal titolo: "VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA
STRESS LAVORO CORRELATO - PRIMA PROPOSTA DI LINEE DI INDIRIZZO" reperibile all'indirizzo http://www.usl1.toscana.it/public/upload/allegati/DOC_STRESS_AVTNO_1531.pdf e realizzato dal gruppo di lavoro dell’Area Vasta Toscana Nord Ovest.

Il documento è diviso in due sezioni principali: la prima descrive il fenomeno dello stress, le categorie colpite e gli effetti sull'individuo e sull'azienda; la seconda parte invece propone un metodo di valutazione strutturato in tre livelli.
Il primo livello riguarda tutte le aziende e prevede un'analisi oggettiva delle caratteristiche aziendali attraverso l'utilizzo di una checklist suddivisa in criteri maggiori (es. attività a rischio stress secondo una ricerca dell'Università di Manchester del 1987 e secondo le Linee Guida Simlii del 2004; lavoro a turni o notturno, attività in catena di montaggio, ecc) e criteri minori (es. attività a rischio infortunistico >4 class. INAIL, elevata dimensione aziendale, ambiente non confortevole, ecc). La presenza di 2 criteri maggiori, 1 maggiore e 2 minori o 3 minori, prevede il passaggio al livello successivo; la mancanza di questi parametri interrompe del tutto la valutazione, che verrà ripetuta solo in caso di significativi cambiamenti organizzativi o in presenza di casi di disagio lavorativo.
Il secondo livello di intervento prevede una diversa suddivisione in base alle dimensioni dell'azienda, ovvero: per le aziende con meno di 10 dipendenti basta una autocertificazione del datore di lavoro per interrompere qualunque altro obbligo valutativo, a meno che questi non certifichi che all'interno della propria azienda sia presente stress e allora è previsto l'utilizzo di una checklist realizzata dall'HSE (l'Ispesl britannico) nel 2001, ad approccio oggettivo, da somministrare a un responsabile aziendale.
Per le aziende che invece dispongono di un numero di dipendenti superiore a 10 sono previste due checklist: una relativa all' organizzazione aziendale e una costituita da una lista definita di sintomi di disagio lavorativo (assenze, ritardi, licenziamenti, ecc). Purtroppo anche in questo caso la valutazione è esclusivamente oggettiva in quanto "le informazioni necessarie saranno raccolte mediante l’analisi della documentazione aziendale e attraverso un’intervista ad un responsabile aziendale".
Dopo questa indagine preliminare le aziende con più di dieci dipendenti (le altre sono addiritura escluse da ogni altro intervento) vengono divise in due classi di rischio: una "a basso rischio" per la quale non sono previsti ulteriori approfondimenti e la successiva valutazione viene posticipata nientemeno che a tre anni (!!) e un'altra in cui sono necessari sia l'attuazione di misure di tutela per ridurre i livelli di stress che l'accesso al successivo livello di valutazione.
Finalmente nel terzo livello vengono coinvolti anche i lavoratori, cui andrebbe somministrato un questionario soggettivo che neanche a dirlo è il JCQ di Karasek, uno strumento vecchiotto (nato nel 1985 e il cui ultimo aggiornamento risale a 12 anni fa); la seconda parte di questo livello di valutazione prevede di consultare "almeno 4 fra lavoratori e dirigenti esperti rispetto alla presenza di criticità organizzative, ambientali e relazionali".

Sinceramente, ma questa è un'opinione del tutto personale, i limiti di questa pubblicazione appaiono notevoli:
Innanzitutto il fatto che per le aziende con meno di 10 dipendenti sia sufficiente un'autocertificazione del datore di lavoro equivale ad escludere questa tipologia aziendale dalla valutazione dello stress.
Ancora, la metodologia proposta, che viene presentata come riferita all'accordo quadro europeo, ha un'impostazione quasi esclusivamente oggettiva della valutazione dello stress, ed è quindi in contrasto con quello che invece l'accordo quadro raccomanda e cioè di associare alla valutazione oggettiva anche quella soggettiva, in quanto è impossibile effettuare un'adeguata analisi senza il coinvolgimento dei lavoratori. Addirittura gli autori del documento asseriscono che "qualora non sia possibile utilizzare le informazioni sulle percezioni dei lavoratori raccolte con il questionario JCQ di Karasek la valutazione verrà fatta esclusivamente sui dati raccolti dai conoscitori esperti".
Inoltre gli strumenti di valutazione proposti sono troppo antiquati (Check list HSE del 2001, JCQ di Karasek del 1985, ecc) ed esterofili, e quindi potrebbero risultare inadatti per la realtà lavorativa e sociale italiana che poco ha da spartire con quella inglese. L'utilizzo del blasonato questionario di Karasek, tra l'altro, proposto come unico strumento di valutazione soggettiva fa capire ancor di più la scarsa considerazione degli autori per questo approccio valutativo, in quanto si tratta di uno strumento ad impostazione prettamente epidemiologica, realizzato per una realtà lavorativa lontanissima da quella nostrana e soprattutto protetto da rigide norme di copyright (a meno che, come molti fanno, non lo si voglia usare a sbafo, in barba all' etica) e quindi dotato di un costo aggiuntivo alla valutazione.
Infine le fonti bibliografiche citate risultano a dir poco carenti: l'unica recente (2009) è un articolo preso da internet (peraltro di un medico ematologo, seppur riconosciuto come esperto di disagio lavorativo nei docenti delle scuole), poi troviamo un'autocitazione (atti del 70° congresso Simlii, 2007), quindi tutte le fonti sono dal 2006 in giù, con una media globale del 2002.

In conclusione, quindi, ribadendo che si tratta di un'opinione personale, questo documento della Regione Toscana presenta eccessive ed evidenti lacune che potrebbero permettere a ditte "furbe" e a medici competenti/compiacenti di effettuare una valutazione superficiale nel puro interesse dell'azienda e non del lavoratore, contravvenendo totalmente a quello che invece è lo scopo principale della normativa sullo stress, cioè di proteggere il lavoratore.