Indice MAB, il Blog e tutti i suoi contenuti sono protetti da copyright secondo i termini della Licenza Creative Commons Attribuzione-Non Commerciale-Non Opere Derivate 2.5 Italia

Cerca nel blog

martedì 27 ottobre 2009

CONSEGUENZE DELLO STRESS

Lo stress può influire sulla vita dell’individuo a vari livelli: determinando patologia (di questo si tratterà in un capitolo a parte), modificando la qualità della vita (abitudini scorrette, comportamento antisociale, abitudini voluttuarie) o interferendo con l’attività lavorativa (assenze dal lavoro, infortuni, ritardi) (1).

STRESS E QUALITA’ DELLA VITA
Studi scientifici dimostrano come lo stress incida in maniera significativa sulla qualità della vita soprattutto in quei soggetti con reddito medio-basso. Stranamente i dati dimostrano come gli indici di stress cosiddetti minori abbiano un impatto maggiore sullo stato di benessere generale rispetto agli stressors maggiori (es. detenzione in carcere o morte del coniuge) (2).
La condizione di disagio psicologico cui è sottoposto l’individuo esposto a situazioni stressanti determina uno stato di tensione emotiva cui l’organismo risponde instaurando meccanismi di difesa dal mondo esterno.
Si assiste così al manifestarsi di crisi depressive, comportamenti sleali e antisociali (furti, piccole illegalità), isolamento sociale (3), incremento delle abitudini voluttuarie (tabagismo), utilizzo di sostanze d’abuso (alcol, droghe) (1); spesso poi questi atteggiamenti si riflettono anche sulla famiglia (problemi psicologici nella prole) e sono segnalati da un eccessivo ricorso alla tutela assicurativa (3).
Tra le altre abitudini scorrette indotte dallo stress, è stata dimostrata anche una correlazione statistica, seppur debole, con la diminuzione dell’attività fisica. Ciò andrebbe imputato a un deficit della volontà e della capacità di impegnarsi a fondo in un’attività extralavorativa, determinato dallo stato di stress (4).
Come detto, la risposta allo stress a livello cerebrale comporta secrezione di CRH (Corticotropin Releasing Hormon) e noradrenalina, con attivazione dei sistemi di vigilanza, le cosiddette reazioni di attacco e fuga; si assiste così a una sintomatologia comprendente eccitazione, atteggiamento fobico e riduzione dell’appetito (5). Inoltre il CRH, dopo vari passaggi, stimola la secrezione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, il quale se da un lato promuove la risposta ai fattori di stress ambientale, mobilitando le riserve energetiche e aumentando la prontezza di riflessi, dall’altro, per livelli elevati cronici, determina molteplici effetti negativi, compreso deficit immunitario, compromissione cognitiva, danni all’ ippocampo e disadattamento psicologico (6).
Non va dimenticato, infine, il lato economico, sia individuale che relativo alla spesa sanitaria pubblica: in funzione delle sue conseguenze, alti livelli di stress comportano anche un maggiore ricorso ai medici di medicina generale (7), inoltre, è dimostrato che in caso di stress le spese sanitarie aumentano del 50% (8).

STRESS E ATTIVITA’ LAVORATIVA
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alti livelli di stress occupazionale sono correlati con un maggior rischio di infortuni e di decessi. Inoltre si registra un aumento dei disordini psicologici, strettamente correlato con il rischio da stress lavorativo e le eccessive richieste sul posto di lavoro (7).
Infatti, così come tutte le condizioni in cui l’organismo non riesce a far fronte alle richieste dell’ambiente esterno siano in grado di determinare distress, allo stesso modo nel caso dell’attività lavorativa l’individuo è soggetto a forti pressioni che non sempre è in grado di controllare. E’ dimostrato infatti che un elevato stress lavorativo può influire negativamente sullo stato di benessere (1,7,9).
Si generano così dei comportamenti scorretti rivolti verso quella che viene considerata la causa principale o quantomeno una concausa del proprio stato emotivo.
Sono indicatori considerati “classici” l’assenteismo e il ritardo cronico, le pause prolungate, gli infortuni ripetuti e l’abitudine di ritardare il rientro al lavoro dopo vacanze o permessi (1,3).
Questi atteggiamenti si riflettono naturalmente anche sulla performance lavorativa (9): si diventa intolleranti alla propria mansione, aumentano gli errori, si distruggono gli strumenti di lavoro, non si portano a termine i compiti assegnati e non si rispettano i tempi di consegna. Si alterano inoltre i rapporti con i colleghi: non si riesce a collaborare, c’è mancanza di socializzazione e comunicazione, eccesso di competitività, rifiuto delle regole (3).
Lo stress inoltre non fa distinzioni gerarchiche: infatti, se da un lato gli impiegati manifestano un eccessivo bisogno dei supervisori o diventano ipercritici nei confronti dei superiori, dall’altro i manager vedono diminuire la loro capacità direttiva e non riescono a motivare i sottoposti (3). Tuttavia fa differenze di genere: le malattie correlate a questo tipo di disagio, infatti, colpiscono le donne con una percentuale doppia rispetto ai colleghi uomini. Lo rivela il primo Rapporto sullo stato di salute delle donne in Italia, prodotto dalla Commissione Salute delle donne del Ministero della Salute (10).
Come detto, lo stress implica reazioni attitudinali e comportamentali che influiscono negativamente sull’ efficienza lavorativa. Ciò assume un’importanza maggiore se consideriamo professioni con responsabilità nei confronti di terze persone (come ad esempio le professioni sanitarie) che possono quindi subire le conseguenze di questi deficit (9).
E’ dimostrato, infatti, che l’aumento dei livelli di stress incrementa il burnout, specialmente nella sua componente di esaurimento emozionale (11). Questa correlazione è valida sia nel settore pubblico che nel privato. Il burnout è spesso considerato all’interno del quadro dello stress (12). Secondo Maslach et al, il burnout è una prolungata risposta agli agenti stressanti cronici emozionali e interpersonali sul luogo di lavoro (13). Secondo Hobfoll e Shiron si tratta invece della conseguenza di una esposizione cronica allo stress occupazionale (14). Ma la definizione che forse meglio si adatta è quella di Schaufeli e Enzmann, secondo cui il burnout va considerato come un particolare tipo di stress occupazionale prolungato che deriva in particolare dalle richieste interpersonali al lavoro (15).
Questo processo scatena una catena di eventi che si traduce in una forte diminuzione della produttività: aumentano i dipendenti che preferiscono lasciare il proprio posto di lavoro e quindi l’azienda, oltre a perdere un importante capitale umano (i lavoratori esperti), è costretta ad affrontare ingenti spese per reclutare ed addestrare nuovi lavoratori; inoltre, aumentando i soggetti con poca esperienza, si assiste ad un incremento degli incidenti sul lavoro, si riduce la capacità produttiva aziendale e contemporaneamente aumentano sia il carico di lavoro che le responsabilità per i supervisori, che diventano maggiormente soggetti ad assenteismo e interruzione volontaria del rapporto lavorativo (11). Tuttavia è dimostrato che elevati livelli di soddisfazione lavorativa e un maggiore attaccamento al posto di lavoro sono in grado di mediare gli effetti negativi indotti da stress e burnout (11).

<<<<< PRECEDENTE                     SUCCESSIVO >>>>>

BIBLIOGRAFIA:
1. Siegrist J, Wege N, Pühlhofer F, Wahrendorf M. A short generic measure of work stress in the era of globalization: effort-reward imbalance. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82(8):1005-1012. 2009.
2. Ames SC, Jones GN, Howe JT, Brantley PJ. A Prospective Study of the Impact of Stress on Quality of Life: An Investigation of Low-Income Individuals with Hypertension. Annals of Behavioral Medicine. 23(2):112-119. 2001.
3. Cesana G et al. Valutazione, prevenzione e correzione degli effetti nocivi dello stress da lavoro. DOCUMENTO DI CONSENSO. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale - Linee Guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. Volume 21. 2006.
4. Kounoven A, Kivimäki M, Elovanio M, Virtanen M, Linna A, Vahtera J. Job strain and leisure-time physical activity in female and male public sector employees. Preventive Medicine. 41:532-539. 2005.
5. Wang J, Rao H, Wetmore GS, Furlan PM, Korczykowski M, Dinges DF, Detre JA. Perfusion functional MRI reveals cerebral blood flow pattern under psychological stress. Proceedings of the National Academy of Sciences. 102(49):17804-09. 2005.
6. Ice GH. Factors influencing cortisol level and slope among community dwelling older adults in Minnesota. Journal of Cross-Cultural Gerontology. 20:91-108. 2005.
7. Parslow RA, Jorm AF, Christensen H, Broom DH, Strazdins Lyndall, D’Souza RM. The impact of employee level and work stress on mental health and GP service use: an analysis of a sample of Australian government employees. BMC Public Health. 4:41. 2004.
8. Bergamaschi A, Papadia C, Sed B. Il medico del lavoro nell’analisi e nella gestione dello stress occupazionale e delle patologie emergenti ad esso correlate. INAIL, Atti III Convegno Nazionale Medicina Legale Previdenziale. 2000.
9. Yang M-S, Pan S-M, Yang M-J. Job strain and minor psychiatric morbidity among hospital nurses in southern Taiwan. Psychiatry and Clinical Neurosciences. 58:636-641. 2004.
11. Simmons C, Cochran JK, Blount WR. The Effects of Job-Related Stress and Job Satisfaction on Probation Officers’ Inclinations to Quit. American Journal of Criminal Justice. 21(2):213-229. 1997.
12. Pines AM, Keinan G. Stress and burnout: The significant difference. Personality and Individual Differences. 39:625-635. 2005.
13. Maslach C, Schaufeli WB, Leiter PM. Job burnout. Annual Review of Psychology. 53:397-422. 2001.
14. Hobfoll SE, Shirom A. Conservation of resources theory: applications to stress and management in the workplace. In R.T. Golembiewski. Handbook of organizational behaviour. (2nd ed, pp 57-81). New York. Dekker.
15. Schaufeli WB, Enzmann D. The burnout companion to study and practice: a critical analysis. London: Taylor and Francis. 1999.