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sabato 31 ottobre 2009

ATTIVITA’ LAVORATIVE ASSOCIATE A STRESS

In funzione dell’attuale crisi economica, del contesto lavorativo italiano, della predisposizione individuale allo stress e delle caratteristiche intrinseche del lavoro non è sbagliato concludere che il solo fatto di svolgere una qualunque attività lavorativa è di per sé stressante.
Tuttavia, analizzando l’eziologia del fenomeno dello stress occupazionale è possibile individuare alcune caratteristiche che rendono una mansione maggiormente stressante rispetto ad un’altra.
Infatti, come già detto, eccessivi carichi di lavoro, pause poco frequenti, lavoro a turni, mansioni frenetiche o routinarie, eccessiva burocrazia, mancanza di potere decisionale, troppe responsabilità, bassi salari, troppi rischi lavorativi, bassi livelli di soddisfazione, rappresentano alcune delle caratteristiche che contribuiscono a rendere una mansione disagevole dal punto di vista psicologico. Da quanto detto appare chiaro che i livelli più alti di stress corrispondono a qualifiche non dirigenziali, come gli operai o i semplici impiegati, in quanto questi soggetti da un lato non hanno “valvole di sfogo” e dall’altro devono subire i processi lavorativi e le imposizioni dei superiori senza poter intervenire nel processo decisionale (1).
D’altro canto esistono altre condizioni caratterizzanti l’attività lavorativa cui viene assegnato un valore protettivo (gratificazione, potere decisionale, salari elevati, pause frequenti, buone prospettive di carriera, brevi orari di lavoro, rischi lavorativi lievi o irrilevanti, ecc.); se queste situazioni riescono a bilanciare le condizioni sfavorevoli, allora anche una mansione ad alto rischio può risultare meno nociva.
Infine, non va dimenticato che una variabile determinante nella genesi del processo di stress è rappresentata dall’ambiente lavorativo; è dimostrato infatti che in quelle aziende in cui esiste una buona qualità della vita per il lavoratore (prospettive di carriera, politiche familiari, attenzione verso i dipendenti, orari flessibili, ecc) sono presenti livelli di stress inferiori alla media, inoltre, l’attuazione di programmi preventivi di supporto psicologico e di gestione dello stress riduce del 50% gli errori sul lavoro (2) e aiuta ad aumentare la produttività e a ridurre l’assenteismo (3).

PROFESSIONI SANITARIE
Nell’ambiente sanitario molte sono le mansioni a rischio di stress.
Questo è dovuto a diversi fattori: innanzitutto i frequenti tagli al budget ospedaliero, i rapidi cambiamenti delle tecnologie mediche, l’attività perioperatoria, la necessità di ridurre le ospedalizzazioni, gli elevati carichi di lavoro, il fatto di avere a che fare con decessi e situazioni di sofferenza, i conflitti tra medico e personale infermieristico, i problemi con i superiori, le incertezze relative alla terapia e la discriminazione tra le varie figure sanitarie (4).
Si può quindi affermare che tutte le professioni sanitarie sono ad elevato rischio di stress, ma tale condizione aumenta in maniera inversamente proporzionale con la posizione gerarchica.

ADDETTI AL TRASPORTO
La categoria degli addetti al trasporto, di persone o cose, che comprende conducenti di autobus, camionisti, tassisti, conducenti di treni e altri mezzi di trasporto, risulta, secondo la letteratura scientifica tra le mansioni a maggior rischio di disordini psicologici e patologie stress correlate.
Tra le caratteristiche di queste mansioni, sono state considerate ad alto rischio stress: l’interazione con i passeggeri e gli altri utenti della strada, le condizioni ergonomiche, la rotazione dei turni, i lunghi cicli di lavoro (5), l’attenzione richiesta, la responsabilità per la sicurezza di terzi, il timore per la propria salute (6) (incidenti, aggressioni, rischi lavorativi).
Queste condizioni, oltre ad incrementare gli errori e il rischio di incidenti (7), contribuiscono ad aumentare l’incidenza di diverse patologie (disturbi psicologici, ictus (8) e altre patologie cardiovascolari, alterazioni muscolo-scheletriche (6),ecc).

PERSONALE DOCENTE
Da decenni ormai viene ampiamente studiata la correlazione tra stress occupazionale e insegnamento. Classi troppo numerose, carenze di strutture e attrezzature, mancato rispetto delle norme di sicurezza, rigidità nell’ organizzazione degli orari, burocrazia, routine, rapporti tra colleghi e studenti, bassi salari (9), insoddisfazione lavorativa, sono solo alcune delle caratteristiche riferite come causa di stress.
In particolare, studi sul contesto italiano mostrano come gli insegnanti si sentano scoraggiati e abbandonati dalle istituzioni, nonché sotto attacco da parte dei mass media e del pubblico (10). Inoltre, riferiscono ansia legata alla precarietà al lavoro, soffrono la mancanza di potere decisionale (soprattutto gli uomini) e possiedono una percezione aumentata del proprio stato di cattiva salute (soprattutto le donne).
Tra le patologie più diffuse tra il personale docente troviamo naturalmente diverse condizioni di natura psichica come burnout, depressione, ansia, fobia, disturbo ossessivo complessivo (11), ma anche dermatiti e disturbi gastroenterici di vario grado (6); inoltre, secondo uno studio pubblicato sull’ African Journal of Psychiatry, il 66,8 % degli intervistati ritiene che i propri problemi di salute siano imputabili allo stress occupazionale (11).

FORZE DI POLIZIA
Secondo la letteratura scientifica il lavoro nelle forze di polizia viene considerato tra le mansioni a maggior rischio sia fisico che psicologico.
Intanto, in quanto “professione d’aiuto” è soggetta a tutte le caratteristiche del burnout, inoltre presenta molti rischi per la propria incolumità ed espone i lavoratori a situazioni di sofferenza umana. Ancora, è caratterizzata da lavoro a turni e lavoro notturno, orari prolungati, soppressione delle ferie in caso di necessità, eccessiva strutturazione gerarchica. Infine è soggetta al giudizio dei mass media e dell’opinione pubblica e presenta un carico di stress per così dire aggiuntivo dovuto alle pressioni causate dalla preoccupazione dei familiari (6).
Tra i disturbi più diffusi tra le forze di polizia sono imputabili a stress: patologie cardiovascolari e gastrointestinali, disturbi dell’umore (12) e altri disordini psichici; inoltre, questa categoria di lavoratori presenta un’incidenza elevata di suicidi (13) e un tasso di divorzi doppio rispetto alla popolazione generale (6).

ADDETTI A CALL CENTER
Questa mansione, relativamente recente, rientra nei cosiddetti “lavori atipici”, ma merita di essere considerata a parte in virtù della sua diffusione.
Il modello organizzativo del call center, infatti, ha assunto un ruolo sempre più rilevante all’interno delle strategie aziendali, ma a fronte dei vantaggi per le compagnie sono corrisposti notevoli disagi per la salute dei lavoratori addetti, per i quali diversi studi scientifici hanno dimostrato una notevole esposizione a stress occupazionale (14,15,16).
L’operatore di call center, infatti, non si limita soltanto al ruolo di centralinista, ma rappresenta una vera e propria interfaccia umana che deve comprendere e risolvere le richieste degli utenti, utilizzando banche dati e strumenti tecnologici.
I lavoratori quindi presentano esposizioni a più fattori di rischio, dal videoterminale al rumore, dal discomfort ergonomico al distress (14,15,16). La mansione di addetto al call center, infatti, prevede un notevole affaticamento visivo, il mantenimento di posture fisse prolungate (14,15,16), intensi ritmi di lavoro, sovraffollamento, uso prolungato della voce, precarietà del lavoro, eccessivi carichi di lavoro, lavoro a turni o lavoro notturno, ripetitività dei compiti, controllo costante da parte dei supervisori, eccessivo rumore ambientale (14), bassi salari, variazioni del microclima, conflitti con gli utenti (16), ecc.
La conseguenza di queste disagevoli condizioni lavorative determina la comparsa di uno svariato numero di patologie, tra le quali: astenopia (14,15), disturbi muscolo scheletrici (16) (prevalentemente a carico del rachide cervicale (14,15) e delle estremità: dolore, rigidità, parestesie, tremori, crampi, ma anche tenosinoviti e sindrome del tunnel carpale), patologie tipiche dei luoghi affollati (infezioni, dermatiti, sick building syndrome), disfonie (15,16), astenia, cefalea, ansia, disturbi uditivi (15), patologie cutanee, disturbi gastrointestinali (16), disturbi dell’alimentazione, tachicardia, extrasistoli, ipertensione arteriosa, irregolarità del ciclo mestruale, ecc.

LAVORI ATIPICI
Con questo termine si intendono le nuove forme di occupazione a tempo determinato, molto diffuse nella realtà italiana, che rientrano nella categoria della cosiddetta flessibilità, secondo cui il lavoratore non rimane costantemente ancorato al proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, ma muta più volte, nell'arco della propria vita, l'attività occupazionale e/o il datore di lavoro (17).
Fanno parte di questa categoria il lavoro interinale, i contratti a progetto, i contratti di collaborazione continuativa, i lavori socialmente utili, il part-time, il job-sharing, i contratti di formazione lavoro, le prestazioni occasionali; tutti caratterizzati da una condizione di precarietà e quindi potenzialmente ad elevato rischio stress.
Svolgere un lavoro precario, infatti, obbliga il lavoratore a vivere in un continuo stato di ansia per il proprio futuro; egli non può programmare la propria vita né sul piano personale né su quello professionale; non può offrire garanzie per ricevere i finanziamenti per acquistare una casa, né possiede la sicurezza economica per mantenere una famiglia.
Inoltre i lavori atipici spesso non permettono di acquisire conoscenze professionali e ostacolano la frequenza a corsi di formazione lavorativa (6), presentano scarsa gratificazione, orari spesso disagevoli, elevati carichi di lavoro e non raramente espongono il lavoratore ad eccessivi rischi professionali. Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’elevato tasso di disoccupazione dei giovani neolaureati li obbliga spesso a rivolgersi verso queste nuove realtà lavorative, costringendoli a scegliere mansioni con poca o nessuna inerenza con le proprie competenze. Tutte le condizioni precedentemente elencate minano l’integrità psicofisica del lavoratore con la possibilità di evolvere verso una condizione di stress occupazionale e quindi subire le patologie ad esso correlate.

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BIBLIOGRAFIA:
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3. Munz DC, Kohler JM, Greenberg CI. Effectiveness of a Comprehensive Worksite Stress Management Program: Combining Organizational and Individual Interventions. International Journal of Stress Management. 8(1):49-62. 2001.
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8. Tüchsen F, Hannerz H, Roepstorff C, Krause N. Stroke among male professional drivers in Denmark, 1994–2003. Occupational and Environmental Medicine. 63:456–460. 2006.
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10. Lodolo D'Oria V, Bulgarini d'Elci G, Bonomi P, Della Torre Di Valsassina M, Fasano AI, Giannella V, Ferrari M, Waldis F, Pecori Giraldi F. Are teachers at risk for psychiatric disorders? Stereotypes, physiology and perspectives of a job prevalently done by women. La Medicina del Lavoro. 100(3):211-27. 2009.
11. Emsley R, Emsley L, Seedat S. Occupational disability on psychiatric grounds in South African school-teachers. African Journal of Psychiatry. 12(3):223-6. 2009.
12. Green B. Post-traumatic stress disorder in UK police officers. Current Medical Research and Opinion. 20:1001-1005. 2004.
13. O'Hara AF, Violanti JM. Police suicide - a Web surveillance of national data. International Journal of Emergency Mental Health. 11(1):17-23. 2009.
14. Chi CF, Lin YH. An ergonomic evaluation of a call center performed by disabled agents. Perceptual and Motor Skills. 107(1):55-64. 2008 .
15. Charbotel B, Croidieu S, Vohito M, Guerin AC, Renaud L, Jaussaud J, Bourboul C, Imbard I, Ardiet D, Bergeret A. Working conditions in call-centers, the impact on employee health: a transversal study. Part II. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82(6):747-56. 2009.
16. Lin YH, Chen CY, Lu SY. Physical discomfort and psychosocial job stress among male and female operators at telecommunication call centers in Taiwan. Applied Ergonomics. 40(4):561-8. 2009.

mercoledì 28 ottobre 2009

PRINCIPALI ALTERAZIONI IMPUTABILI A STRESS


SISTEMA o APPARATO
ALTERAZIONE
CARDIOVASCOLARE
- Aumentata incidenza di IMA, angina,  coronaropatia, varicosità venose
- Aumento della frequenza cardiaca
- Aumento della pressione arteriosa
- Diminuzione della resistenza vasale
NERVOSO
- Alterazioni dell’umore
- Cefalea
- Disagio psicofisico
- Ansia
- Depressione
- Burnout
- Tendenze suicide
- Alterazioni del ritmo sonno-veglia
- Riduzione della libido
GASTROINTESTINALE
- Gastrite
- Ulcera
- Reflusso Gastro-Esofageo
- Sindrome del Colon Irritabile
- Riduzione della motilità gastro-intestinale
CUTANEO
- Psoriasi
- Orticaria
- Dermatiti eczematose
- Dermatite atopica
- Alopecia areata
- Herpes Virus
IMMUNITARIO
- Infezioni
- Neoplasie
- Malattie autoimmuni
- Malattie infiammatorie
ENDOCRINO
- Rilascio di ormoni
- Insulino-resistenza
- Aumento della gluconeogenesi
- Aumento della lipolisi
- Aumento della proteolisi
RESPIRATORIO
- Iperpnea
MUSCOLO-SCHELETRICO
- Tensione muscolare
- Alterazioni EMG
- Riduzione della capacità di recupero

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PATOLOGIE STRESS CORRELATE

Si è detto che lo stress non rappresenta di per sé una condizione negativa. Anzi, in certe condizioni può avere una caratterizzazione positiva in quanto allena la capacità di adattamento psicofisica dell’organismo (eustress). Lo stimolo stressogeno però determina comunque nell’organismo una risposta, che richiede uno sforzo di adattamento cui corrisponde un alto consumo energetico. L’esposizione a stimoli ripetuti, specie se non bilanciati da eventi positivi e in relazione all’intensità, la durata e la sinergia tra di essi, può determinare un deficit dei meccanismi di difesa e sfociare in uno stato di malattia (1) (distress).
La risposta allo stress è costituita da due fasi: ACUTA (o di allarme) e CRONICA (o adattativa). In questa fase l’organismo si trova in equilibrio precario tra eustress e distress: a questo punto può recedere e rientrare in una condizione di benessere o passare alla fase successiva, quella di esaurimento, in cui il perdurare degli eventi stressanti comporta l’esaurimento funzionale e l’instaurarsi della condizione di distress. L’insieme delle tre fasi costituisce la cosiddetta Sindrome da Stress Negativo (1).
La risposta dell’organismo allo stress prevede due meccanismi di difesa (2):
1. MECCANISMO DIRETTO
presuppone processi di attivazione e inibizione:
attivazione: corrisponde alla risposta attacco/fuga e alla reazione di coping; si associa ad aumento dell'attività motoria, della gittata cardiaca, della secrezione di catecolamine e cortisolo (3); gli esiti negativi derivano dal mantenimento prolungato di uno stato di attivazione generalizzata (arousal), ciò può essere dovuto a condizioni di sovraccarico (emotivo, lavorativo), ma anche di sottocarico.
inibizione: corrisponde a una risposta passiva allo stress; si associa ad aumento dello stato di allerta ed a inibizione dell' attività motoria, con vasocostrizione muscolare ed aumento della stimolazione vagale.
2. MECCANISMO INDIRETTO
si riferisce a influenze dello stress riferibili ad induzione, mantenimento o peggioramento di abitudini di vita non salutari che rappresentano una reazione di difesa dall’ansia (disturbi alimentari, tabagismo e altre abitudini voluttuarie, scarsa attività fisica, disturbi del sonno).

Le condizioni patologiche associate a stress si possono quindi considerare come il risultato di una risposta adattativa dell’organismo troppo intensa e prolungata nel tempo che determina l’esaurimento funzionale dei meccanismi di difesa fisiologici.
Gli apparati e i sistemi maggiormente colpiti sono: cardiovascolare, nervoso, endocrino, gastrointestinale, immunitario.

APPARATO CARDIOVASCOLARE
Le malattie cardiovascolari sono tra le patologie maggiormente studiate poiché costituiscono la principale causa di invalidità e morte nei paesi occidentali. In anni più recenti una particolare attenzione è stata riposta al rapporto di tali patologie con i livelli di stress della vita quotidiana, che è stato ampiamente riconosciuto come un fattore eziologico determinante.
Lo stress infatti può agire sia in maniera diretta, quindi attraverso meccanismi neuroendocrini, che in maniera indiretta, tramite cioè la promozione di comportamenti non salutari.
Se da un lato, infatti, la presenza di stress è associata con un maggiore rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari (4,5,6,7,8) (es. IMA, angina, coronaropatia, ipertensione e varicosità venose), dall’altro esiste una associazione statisticamente significativa a livelli medio-alti di stress con comportamenti scorretti (8,9) (tabagismo, consumo di alcol, riduzione dell’esercizio fisico, ipercolesterolemia, ecc.) che sono tutti fattori di rischio per lo sviluppo di cardiopatie.
E’ dimostrato inoltre che lo stress aumenta la frequenza cardiaca (4) e la pressione arteriosa (2,5,10); addirittura è stato introdotto il concetto di hot reactors, per indicare soggetti con iperreattività biologica agli stimoli stressanti, che sarebbero più esposti a sviluppare ipertensione arteriosa (2).
Ancora si è visto che le alterazioni cardiovascolari determinate dall’esposizione allo stress sono indipendenti dal livello sociale del soggetto (8), mentre sono fortemente influenzate dall’attività lavorativa: studi scientifici dimostrano che soggetti esposti a un eccessivo carico di lavoro, scarso potere decisionale, mansioni routinarie, scarsa soddisfazione lavorativa o che non possedevano una qualifica ben definita presentavano un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari, dovendo ricorrere più spesso di altri spesso all’intervento dei medici di famiglia (5).

SISTEMA NERVOSO
Anche tra disordini di natura nervosa e stress sono state osservate sia un’importante associazione che una relazione più che significativa con la sua componente occupazionale.
Infatti, analizzando il rapporto tra stress lavoro correlato e alcuni indicatori di salute mentale (depressione, ansia, somatizzazione, fatica cronica e consumo di droghe) è stata riscontrata un’importante correlazione, soprattutto per depressione, ansia e somatizzazione, tanto da poter definire un rapporto direttamente proporzionale tra rischio di deficit psicologico e incremento dello stress lavorativo (5,11).
In particolare la prevalenza di alterazioni a carico del sistema nervoso è stata associata ad alcune condizioni come conflitti sul lavoro, scarsi rapporti coi superiori (specie per le donne), eccessive responsabilità e difficoltà a stare al passo con le nuove tecnologie. Inoltre, una volta istauratosi un deficit psicologico, la percezione dello stress aumenta (7).
Altre condizioni lavorative associate a disturbi di natura nervosa sono: carichi di lavoro eccessivi, basso potere decisionale, mansioni routinarie e non ben definite, scarsa soddisfazione lavorativa, ruoli minori nella scala gerarchica (5).
Le condizioni più spesso riscontrate variano dai disturbi dell’umore, alle alterazioni del ritmo sonno-veglia, ai conflitti interpersonali e familiari (4), fino al burnout, alla depressione (5,12) e alle tendenze suicide (5).
Riguardo al burnout, non a caso definito da Schaufeli e Enzmann come un particolare tipo di stress occupazionale prolungato che deriva dalle richieste interpersonali al lavoro (13), è dimostrato che è provocato dallo stress ed inoltre a sua volta è in grado di provocare la comparsa di depressione (14).
E’ corretto quindi affermare che lo stress lavoro-correlato sia in grado di determinare la comparsa di sintomi depressivi attraverso l’instaurarsi di una Sindrome da Burnout (14), ma questa considerazione sarebbe riduttiva. Le alterazioni psicologiche causate da elevati livelli di stress, infatti, possono provocare l’insorgenza di depressione anche in professioni diverse da quelle cosiddette d’aiuto, quindi in assenza di burnout; in particolare la comparsa della sintomatologia depressiva è stata fortemente associata a uno squilibrio del rapporto sforzo-ricompensa (9,15,16,17), mentre per altri autori potrebbe avere ruolo importante il cortisolo, la cui iperincrezione risulta presente in entrambi i disturbi (18).

APPARATO GASTROINTESTINALE
In molti studi gli eventi stressanti sono stati associati con l’insorgenza o l’esacerbazione di molti disturbi dell’apparato digerente, tra cui disturbi funzionali gastrointestinali, malattie infiammatorie (4,19), malattia da reflusso gastroesofageo, ulcera peptica (4,19) e sindrome del colon irritabile (20).
Diversi meccanismi sono stati ipotizzati per spiegare questo fenomeno: ipereattività del sistema vegetativo e iperstimolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Da studi sperimentali infatti emerge il ruolo delle citochine infiammatorie (TNF-α, IL-1 e IL-6) nella stimolazione acuta dell’ HPA mediata da CRH. Il risultato finale, la produzione di cortisolo, agirebbe con feedback negativo nei confronti dell’HPA nello spegnere la risposta infiammatoria (21).

APPARATO CUTANEO
Molti studi scientifici sottolineano la correlazione tra disturbi cutanei e patologie nervose. Ovviamente lo stesso discorso vale anche per lo stress, anche se sarebbero necessari ulteriori approfondimenti per meglio chiarire questo rapporto (12).
Allo stato attuale, esiste evidenza scientifica di un ruolo degli eventi stressanti nello scatenare o esacerbare una patologia cutanea per quello che riguarda dermatiti eczematose, infezioni da herpes virus (22), orticaria e psoriasi (22,23), alopecia areata, dermatite atopica (23).

SISTEMA IMMUNITARIO
Un altro importantissimo ruolo dello stress nel determinare lo stato di malattia riguarda le sue interazioni col sistema immunitario.
E’ dimostrato infatti che elevati livelli di stress aumentano la suscettibilità alle infezioni (24), promuovono lo sviluppo di neoplasie (4,25), malattie infiammatorie e autoimmuni (25); stimolano inoltre la produzione di alcune citochine infiammatorie, come IL-2, INF-γ, TNF-α (26), per alcune delle quali è stato dimostrato addirittura un rapporto direttamente proporzionale (IL-6) (27).
Tra i meccanismi ipotizzati per spiegare il rapporto tra stress e risposta immunitaria innanzitutto è stato ricordato che le fibre del simpatico discendono dal cervello sia attraverso i tessuti linfoidi primari (midollo osseo e timo) che secondari (milza e linfonodi); queste fibre rilasciano una grande varietà di sostanze che influenzano le risposte immunitarie (cellule NK, T e B) legandosi ai recettori dei leucociti. In secondo luogo, l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, l’asse simpatico-medullo-surrenale e l'asse ipotalamo-ipofisi-ovarico secernono adrenalina, noradrenalina e cortisolo, l'ipofisi prolattina e ormone della crescita, il cervello melatonina, β-endorfina, e encefalica; queste sostanze si legano a recettori specifici sui linfociti con diversi effetti regolatori sulla loro distribuzione e funzione. In terzo luogo, la risposta adattativa per gestire gli eventi stressanti può comportare l’adozione di comportamenti (uso di alcolici o alterazioni del sonno) che possono influenzare i processi del sistema immunitario (28).

APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO
Esiste una correlazione, nota ma non chiara, tra lo stress lavoro-correlato e i disordini muscoloscheletrici (4). Sappiamo, ad esempio, che livelli sonori persistenti, come quelli del classico rumore d’ufficio, determinano uno stato persistente di tensione muscolare dimostrato scientificamente tramite misurazioni elettromiografiche (29). Inoltre l’esposizione a stress occupazionale comporta una minore capacità di recupero (30).
In relazione ai meccanismi tramite cui lo stress determina il danno ai tessuti sono state ipotizzate un ridotto afflusso di sangue verso le estremità e un intralcio alla circolazione sanguigna provocato dalla tensione muscolare (12).

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BIBLIOGRAFIA:
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25. Kemeny ME, Schedlowski M. Understanding the interaction between psychosocial stress and immunerelated diseases: a stepwise progression. Brain, Behavior, and Immunity. 21:1009–1018. 2007.
26. Hurrell JJ Jr, McLaney MA. Exposure to job stress- A new psychometric instrument. Scandinavian Journal of Work, Environonmental and Health. 14:27-27. 1988.
27. Segerstrom SC, Miller GE. Psychological Stress and the Human Immune System: A Meta-Analytic Study of 30 Years of Inquiry. Psychological Bulletin. 130(4):601–630. 2004
28. Brydon L, Walker C, Wawrzyniak AJ, Chart H, Steptoe A. Dispositional optimism and stress-induced changes in immunity and negative mood. Brain, Behavior, and Immunity. 23(6): 810–816. 2009.
29. Kristiansen J, Mathiesen L, Nielsen PK, Hansen AM, Shibuya H, Petersen HM, Lund SP, Skotte J, Jørgensen MB, Søgaard K. Stress reactions to cognitively demanding tasks and open-plan office noise. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82(5):631-41. 2009.
30. Schell E, Theorell T, Dan Hasson D, Arnetz B, Saraste H. Stress biomarkers’ associations to pain in the neck, shoulder and back in healthy media workers: 12-month prospective follow-up. European Spine Journal. 17:393–405. 2008.

martedì 27 ottobre 2009

CONSEGUENZE DELLO STRESS

Lo stress può influire sulla vita dell’individuo a vari livelli: determinando patologia (di questo si tratterà in un capitolo a parte), modificando la qualità della vita (abitudini scorrette, comportamento antisociale, abitudini voluttuarie) o interferendo con l’attività lavorativa (assenze dal lavoro, infortuni, ritardi) (1).

STRESS E QUALITA’ DELLA VITA
Studi scientifici dimostrano come lo stress incida in maniera significativa sulla qualità della vita soprattutto in quei soggetti con reddito medio-basso. Stranamente i dati dimostrano come gli indici di stress cosiddetti minori abbiano un impatto maggiore sullo stato di benessere generale rispetto agli stressors maggiori (es. detenzione in carcere o morte del coniuge) (2).
La condizione di disagio psicologico cui è sottoposto l’individuo esposto a situazioni stressanti determina uno stato di tensione emotiva cui l’organismo risponde instaurando meccanismi di difesa dal mondo esterno.
Si assiste così al manifestarsi di crisi depressive, comportamenti sleali e antisociali (furti, piccole illegalità), isolamento sociale (3), incremento delle abitudini voluttuarie (tabagismo), utilizzo di sostanze d’abuso (alcol, droghe) (1); spesso poi questi atteggiamenti si riflettono anche sulla famiglia (problemi psicologici nella prole) e sono segnalati da un eccessivo ricorso alla tutela assicurativa (3).
Tra le altre abitudini scorrette indotte dallo stress, è stata dimostrata anche una correlazione statistica, seppur debole, con la diminuzione dell’attività fisica. Ciò andrebbe imputato a un deficit della volontà e della capacità di impegnarsi a fondo in un’attività extralavorativa, determinato dallo stato di stress (4).
Come detto, la risposta allo stress a livello cerebrale comporta secrezione di CRH (Corticotropin Releasing Hormon) e noradrenalina, con attivazione dei sistemi di vigilanza, le cosiddette reazioni di attacco e fuga; si assiste così a una sintomatologia comprendente eccitazione, atteggiamento fobico e riduzione dell’appetito (5). Inoltre il CRH, dopo vari passaggi, stimola la secrezione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, il quale se da un lato promuove la risposta ai fattori di stress ambientale, mobilitando le riserve energetiche e aumentando la prontezza di riflessi, dall’altro, per livelli elevati cronici, determina molteplici effetti negativi, compreso deficit immunitario, compromissione cognitiva, danni all’ ippocampo e disadattamento psicologico (6).
Non va dimenticato, infine, il lato economico, sia individuale che relativo alla spesa sanitaria pubblica: in funzione delle sue conseguenze, alti livelli di stress comportano anche un maggiore ricorso ai medici di medicina generale (7), inoltre, è dimostrato che in caso di stress le spese sanitarie aumentano del 50% (8).

STRESS E ATTIVITA’ LAVORATIVA
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alti livelli di stress occupazionale sono correlati con un maggior rischio di infortuni e di decessi. Inoltre si registra un aumento dei disordini psicologici, strettamente correlato con il rischio da stress lavorativo e le eccessive richieste sul posto di lavoro (7).
Infatti, così come tutte le condizioni in cui l’organismo non riesce a far fronte alle richieste dell’ambiente esterno siano in grado di determinare distress, allo stesso modo nel caso dell’attività lavorativa l’individuo è soggetto a forti pressioni che non sempre è in grado di controllare. E’ dimostrato infatti che un elevato stress lavorativo può influire negativamente sullo stato di benessere (1,7,9).
Si generano così dei comportamenti scorretti rivolti verso quella che viene considerata la causa principale o quantomeno una concausa del proprio stato emotivo.
Sono indicatori considerati “classici” l’assenteismo e il ritardo cronico, le pause prolungate, gli infortuni ripetuti e l’abitudine di ritardare il rientro al lavoro dopo vacanze o permessi (1,3).
Questi atteggiamenti si riflettono naturalmente anche sulla performance lavorativa (9): si diventa intolleranti alla propria mansione, aumentano gli errori, si distruggono gli strumenti di lavoro, non si portano a termine i compiti assegnati e non si rispettano i tempi di consegna. Si alterano inoltre i rapporti con i colleghi: non si riesce a collaborare, c’è mancanza di socializzazione e comunicazione, eccesso di competitività, rifiuto delle regole (3).
Lo stress inoltre non fa distinzioni gerarchiche: infatti, se da un lato gli impiegati manifestano un eccessivo bisogno dei supervisori o diventano ipercritici nei confronti dei superiori, dall’altro i manager vedono diminuire la loro capacità direttiva e non riescono a motivare i sottoposti (3). Tuttavia fa differenze di genere: le malattie correlate a questo tipo di disagio, infatti, colpiscono le donne con una percentuale doppia rispetto ai colleghi uomini. Lo rivela il primo Rapporto sullo stato di salute delle donne in Italia, prodotto dalla Commissione Salute delle donne del Ministero della Salute (10).
Come detto, lo stress implica reazioni attitudinali e comportamentali che influiscono negativamente sull’ efficienza lavorativa. Ciò assume un’importanza maggiore se consideriamo professioni con responsabilità nei confronti di terze persone (come ad esempio le professioni sanitarie) che possono quindi subire le conseguenze di questi deficit (9).
E’ dimostrato, infatti, che l’aumento dei livelli di stress incrementa il burnout, specialmente nella sua componente di esaurimento emozionale (11). Questa correlazione è valida sia nel settore pubblico che nel privato. Il burnout è spesso considerato all’interno del quadro dello stress (12). Secondo Maslach et al, il burnout è una prolungata risposta agli agenti stressanti cronici emozionali e interpersonali sul luogo di lavoro (13). Secondo Hobfoll e Shiron si tratta invece della conseguenza di una esposizione cronica allo stress occupazionale (14). Ma la definizione che forse meglio si adatta è quella di Schaufeli e Enzmann, secondo cui il burnout va considerato come un particolare tipo di stress occupazionale prolungato che deriva in particolare dalle richieste interpersonali al lavoro (15).
Questo processo scatena una catena di eventi che si traduce in una forte diminuzione della produttività: aumentano i dipendenti che preferiscono lasciare il proprio posto di lavoro e quindi l’azienda, oltre a perdere un importante capitale umano (i lavoratori esperti), è costretta ad affrontare ingenti spese per reclutare ed addestrare nuovi lavoratori; inoltre, aumentando i soggetti con poca esperienza, si assiste ad un incremento degli incidenti sul lavoro, si riduce la capacità produttiva aziendale e contemporaneamente aumentano sia il carico di lavoro che le responsabilità per i supervisori, che diventano maggiormente soggetti ad assenteismo e interruzione volontaria del rapporto lavorativo (11). Tuttavia è dimostrato che elevati livelli di soddisfazione lavorativa e un maggiore attaccamento al posto di lavoro sono in grado di mediare gli effetti negativi indotti da stress e burnout (11).

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BIBLIOGRAFIA:
1. Siegrist J, Wege N, Pühlhofer F, Wahrendorf M. A short generic measure of work stress in the era of globalization: effort-reward imbalance. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82(8):1005-1012. 2009.
2. Ames SC, Jones GN, Howe JT, Brantley PJ. A Prospective Study of the Impact of Stress on Quality of Life: An Investigation of Low-Income Individuals with Hypertension. Annals of Behavioral Medicine. 23(2):112-119. 2001.
3. Cesana G et al. Valutazione, prevenzione e correzione degli effetti nocivi dello stress da lavoro. DOCUMENTO DI CONSENSO. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale - Linee Guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. Volume 21. 2006.
4. Kounoven A, Kivimäki M, Elovanio M, Virtanen M, Linna A, Vahtera J. Job strain and leisure-time physical activity in female and male public sector employees. Preventive Medicine. 41:532-539. 2005.
5. Wang J, Rao H, Wetmore GS, Furlan PM, Korczykowski M, Dinges DF, Detre JA. Perfusion functional MRI reveals cerebral blood flow pattern under psychological stress. Proceedings of the National Academy of Sciences. 102(49):17804-09. 2005.
6. Ice GH. Factors influencing cortisol level and slope among community dwelling older adults in Minnesota. Journal of Cross-Cultural Gerontology. 20:91-108. 2005.
7. Parslow RA, Jorm AF, Christensen H, Broom DH, Strazdins Lyndall, D’Souza RM. The impact of employee level and work stress on mental health and GP service use: an analysis of a sample of Australian government employees. BMC Public Health. 4:41. 2004.
8. Bergamaschi A, Papadia C, Sed B. Il medico del lavoro nell’analisi e nella gestione dello stress occupazionale e delle patologie emergenti ad esso correlate. INAIL, Atti III Convegno Nazionale Medicina Legale Previdenziale. 2000.
9. Yang M-S, Pan S-M, Yang M-J. Job strain and minor psychiatric morbidity among hospital nurses in southern Taiwan. Psychiatry and Clinical Neurosciences. 58:636-641. 2004.
11. Simmons C, Cochran JK, Blount WR. The Effects of Job-Related Stress and Job Satisfaction on Probation Officers’ Inclinations to Quit. American Journal of Criminal Justice. 21(2):213-229. 1997.
12. Pines AM, Keinan G. Stress and burnout: The significant difference. Personality and Individual Differences. 39:625-635. 2005.
13. Maslach C, Schaufeli WB, Leiter PM. Job burnout. Annual Review of Psychology. 53:397-422. 2001.
14. Hobfoll SE, Shirom A. Conservation of resources theory: applications to stress and management in the workplace. In R.T. Golembiewski. Handbook of organizational behaviour. (2nd ed, pp 57-81). New York. Dekker.
15. Schaufeli WB, Enzmann D. The burnout companion to study and practice: a critical analysis. London: Taylor and Francis. 1999.

lunedì 26 ottobre 2009

COPYRIGHT:

Indice MAB è il primo questionario scientifico al mondo che utilizza per la protezione dei diritti d’autore le Licenze Creative Commons.
In particolare abbiamo scelto di avvalerci della licenza specifica Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia, registrata il 30 giugno del 2009, che permette a chiunque di usufruire gratuitamente del questionario, purchè ciò segua le condizioni scelte dagli autori (attribuzione della paternità dell’opera, utilizzo per fini non lucrativi, divieto di realizzazione di opere derivative).
Il testo completo della licenza è disponibile qui.

sabato 24 ottobre 2009

CARATTERISTICHE:

1. Completo
La maggior parte degli strumenti di valutazione dello stress valuta soltanto la percezione soggettiva dello stress da parte del lavoratore (approccio soggettivo); pochissimi strumenti invece valutano solamente i fattori di rischio psicosociale provenienti dall’ambiente esterno lavorativo (approccio oggettivo).
Il questionario MAB, unico nel suo genere, è invece composto da due differenti sezioni:
I PARTE – QUESTIONARIO OGGETTIVO: destinata al Datore di Lavoro o a chi ne fa le veci, valuta i fattori esterni, propri della mansione, senza condizionamenti dati dalle caratteristiche di predisposizione individuale dello stress percepito dal lavoratore e fornisce un punteggio specifico per ogni mansione di ogni azienda.
II PARTE – QUESTIONARIO SOGGETTIVO: destinata al Lavoratore, valuta la percezione soggettiva dello stress da parte del lavoratore, fornendo una precisa stima del suo personale livello di stress.
La somma dei punteggi ottenuti con i due questionari permette di ottenere una misura particolarmente attendibile delle condizioni di disagio psico-sociale in azienda che, riferita alla classificazione delle classi di rischio da stress dell’Indice MAB, permette di stabilire le priorità di intervento.
2. Anonimo
Il questionario è stato realizzato appositamente in modo da non permettere l’identificazione del lavoratore cui viene somministrato. Oltre a rispettarne la privacy, permette così al dipendente di rispondere con maggiore sincerità.
3. Auto compilativo
Le domande del questionario destinato al lavoratore sono poste in prima persona, in modo da facilitarne la comprensione e permetterne l’autocompilazione. In questo modo si velocizza il lavoro del Medico Competente, che non deve somministrare singolarmente il questionario, e si viene incontro alle esigenze del Datore di Lavoro, in quanto il questionario può essere compilato in luoghi e tempi diversi da quelli lavorativi.
4. Di facile comprensione
Lo studio di validazione cui il questionario è stato sottoposto (oltre 600 lavoratori di varie ditte con più di 70 mansioni considerate) ha dimostrato che si tratta di uno strumento valutativo facilmente comprensibile.
5. Non eccessivamente esteso
Le trenta domande che costituiscono il questionario MAB destinato al lavoratore rappresentano il giusto compromesso tra la volontà del dipendente di non dedicare troppo tempo all’indagine e quella del medico di ottenere una stima attendibile.
6. Moderno
Il questionario, realizzato nel 2009 e riferito a una realtà lavorativa attuale, tiene conto delle più recenti problematiche occupazionali.
7. Versatile
Il questionario MAB infatti è stato studiato appositamente per essere utilizzato per tutte le aziende e tutte le mansioni.
8. A norma di legge
Il questionario infatti è stato realizzato secondo le direttive dell’ Accordo Europeo dell’ 8 ottobre 2004 sullo stress lavoro correlato, come previsto dalla specifica normativa (D.Lgs 81/2008) in tema di Salute e Sicurezza sul lavoro.
9. Multilingua
Nella elaborazione del questionario abbiamo tenuto conto della globalizzazione che interessa anche il mondo del lavoro, realizzando, oltre alla versione italiana, anche una versione in lingua inglese. E sono attualmente in preparazione quelle in francese e spagnolo.

giovedì 22 ottobre 2009

COS’E’

Indice MAB è un questionario per la valutazione dello stress occupazionale realizzato nel 2009 dal Dott. Salvatore Bellia e dal Prof. Marcello Bellia. E’ inoltre il primo questionario scientifico al mondo registrato con Licenza Creative Commons, che ne permette l’utilizzo gratuito purchè per fini non lucrativi.
Indice MAB nasce, dopo oltre due anni di studio, dall’esperienza dell’ Unità Operativa Complessa di Medicina del Lavoro dell’ Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico – V. Emanuele” di Catania, con la collaborazione delle Scuole di Specializzazione in Medicina del Lavoro e Psichiatria dell’Università di Catania. Per realizzarlo sono state analizzate centinaia di pubblicazioni scientifiche sull’argomento, sono stati letti libri, sono stati consultati diversi specialisti del settore, tra cui Medici Competenti, Psicologi, Psichiatri, Responsabili di Servizi di Prevenzione e Protezione, Responsabili dei lavoratori per la Sicurezza, Medici e soprattutto centinaia di lavoratori.
Il risultato di questo lungo e attento periodo di studio è stato poi condensato in un unico strumento valutativo dalle caratteristiche uniche, appositamente realizzato per essere utilizzabile in tutte le aziende e per tutte le mansioni.

martedì 20 ottobre 2009

EZIOLOGIA

Come già detto, un ruolo fondamentale nella genesi dello stress negativo, il cosiddetto distress, è dato dalla predisposizione individuale, quindi i fattori in grado di determinare questa condizione (stressors) risultano molteplici.
Per meglio comprendere il fenomeno dello stress di natura occupazionale possiamo ricondurre i principali indici stressogeni in due categorie principali: fattori ambientali e fattori lavorativi.

FATTORI AMBIENTALI
Rientrano in questa categoria tutte le condizioni di natura non occupazionale che possono influire sulla psiche dell’individuo modificandone lo stato di benessere.
In questo senso, un primo importante settore gremito di potenziali pericoli per la salute psicofisica della persona è rappresentato dall’ambiente familiare: la sua struttura e i suoi ruoli; i problemi economici che derivano dal mantenimento; le questioni immobiliari; i confitti tra i componenti del nucleo familiare, dalle semplici liti, alla separazione o al divorzio; le esigenze alimentari, di vestiario o di altri generi di necessità; le questioni relative alla prole, dalla gravidanza, al parto, all’allevamento, alla scolarizzazione, ai conflitti generazionali; gli animali domestici; le malattie o i decessi che possono colpire un congiunto; sono tutte condizioni che comportano l’instaurarsi dello stato di tensione (risposta adattativa dell’organismo) alla base del processo di stress.
Fuori dal nucleo familiare, l’interazione dell’individuo con l’ambiente rappresenta l’altro importante settore in cui sono comprese alcune delle principali cause di stress soprattutto in relazione al confronto della persona con le altre componenti del contesto sociale.
Ne sono un chiaro esempio la situazione economica personale e generale, il livello di scolarizzazione personale, i ruoli e i comportamenti sessuali, le amicizie, i rapporti sociali, l’immagine corporea, la gestione del tempo libero, l’igiene personale, la dieta e i comportamenti alimentari, ma anche i grandi temi sociali, come la politica, il sesso, il governo, la religione, la sanità, la contraccezione, l’ambiente.
Da un punto di vista scientifico, un esempio dei fattori in grado di determinare disturbi stress correlati, sebbene contenga anche una componente occupazionale, è dato dalla Social Readjustment Ratings Scale (SRRS, Tabella 1), creata nel 1967 dagli psichiatri americani Thomas Holmes e Richard Rahe, i quali esaminarono oltre 5000 cartelle cliniche per determinare in che modo gli eventi stressanti della vita possano contribuire a determinare uno stato patologico. Ai pazienti fu sottoposta una lista di 43 eventi della vita a ognuno dei quali era stato associato un punteggio. Dalla somma di tali valori i soggetti furono poi divisi in quattro classi di rischio (0-149; 150-199; 200-299; >300), corrispondenti alla possibilità percentuale di sviluppare un disturbo da stress nei successivi due anni (1).

EVENTI DELLA VITA
VALORE
EVENTI DELLA VITA
VALORE
Morte del coniuge
100
Figlio che lascia la casa
29
Divorzio
73
Problemi con i parenti acquisiti
29
Separazione coniugale
65
Grande successo personale
28
Detenzione in carcere
63
Coniuge inizia o termina lavoro
26
Morte di un parente stretto
63
Iniziare o finire la scuola
26
Lesioni o malattie personali
53
Cambiamento condizioni di vita
25
Matrimonio
50
Cambiamento abitudini personali
24
Licenziamento
47
Problemi con i superiori
23
Riconciliazione coniugale
45
Cambiamento orari o condizioni di lavoro
20
Pensionamento
45
Cambiamento di residenza
20
Malattia di un familiare
44
Cambiamento di scuola
20
Gravidanza
40
Cambiamento attività ludiche
19
Disturbi sessuali
39
Cambiamento attività religiose
19
Nuovo membro in famiglia
39
Cambiamento attività sociali
18
Ristrutturazione aziendale
39
Mutuo < 40.000 $
17
Cambiamento status finanziario
38
Cambiamento abitudini del sonno
15
Morte di un amico intimo
37
Cambiamento del numero di riunioni familiari
15
Cambiamento settore di lavoro
36
Cambiamento abitudini alimentari
15
Litigi con il coniuge
35
Vacanze
13
Mutuo (ipoteca) > 40.000 $
31
Natale
12
Mancato riscatto di ipoteca o prestito
30
Infrazioni minori
11
Nuove responsabilità a lavoro
29


Tabella 1. The Holmes-Rahe Social Readjustment Ratings Scale (1)

FATTORI LAVORATIVI
Da un sondaggio della St. Paul Fire and Marine Insurance Co. i problemi al lavoro sono risultati maggiormente associati a patologie rispetto ad altri fattori stressanti, come problemi finanziari e familiari (2).
Secondo il NIOSH le condizioni lavorative che sono in grado di determinare stress possono essere suddivise in sei categorie principali:
CARATTERISTICHE DELLE MANSIONI – sono considerate situazioni stressanti gli eccessivi carichi di lavoro (2,3), le pause poco frequenti, i lunghi orari di lavoro e il lavoro a turni, le mansioni frenetiche e routinarie (2,3) con poca inerenza con le proprie competenze (2,3), il mancato sfruttamento delle abilità del lavoratore, ecc (2). Utilizzando la valutazione ERI si è visto che il numero di ore lavorative influisce sui meccanismi di sforzo-ricompensa ed ha un ruolo importante nella genesi dello stress lavoro-correlato (4).
GESTIONE AZIENDALE – possono determinare distress la mancata partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali (2,5), la scarsa comunicazione tra azienda e dipendenti, l’assenza di politiche familiari, l’eccessiva burocrazia (2,5).
RELAZIONI INTERPERSONALI – contribuiscono a rendere nocivo il contesto lavorativo un ambiente poco socievole e la mancanza di supporto tra i colleghi e tra questi e i dirigenti; in generale tutti i conflitti sul posto di lavoro (2,5).
RUOLI LAVORATIVI – in questo campo è stato dimostrato che le troppe responsabilità, ma anche delle aspettative lavorative conflittuali o incerte, sono un sicuro indice di stress (2,5).
PROSPETTIVE DI CARRIERA – insicurezza nel lavoro e mancanza di opportunità di crescita, avanzamento e promozione (2,5), così come rapidi cambiamenti a cui i lavoratori sono impreparati, possono determinare l’insorgenza di stress. Lo stesso discorso può essere fatto in relazione a salari inadeguati (2,5).
AMBIENTE LAVORATIVO – anche condizioni sgradevoli o pericolose, come affollamento, rumore, inquinamento dell’aria e problemi ergonomici (2), vengono percepite dal lavoratore come nocive e quindi stressanti. In generale tutti i fattori di rischio lavorativo, anche in virtù della suscettibilità individuale che caratterizza il distress, possono essere percepiti come fattori stressanti ed interferire col benessere dell’individuo (6).
Ad esempio, il rumore presente nell’ ambiente lavorativo, anche quello inferiore ai limiti di legge, come ad esempio in ufficio, aumenta la percezione dello sforzo da parte del lavoratore rispetto a condizioni di tranquillità. E’ dimostrato, infatti, che la persistenza di livelli sonori anche lievi, associata o meno ad eccessivi carichi di lavoro, determina diverse modificazioni nell’organismo a livello di frequenza cardiaca, pressione arteriosa e alterazioni EMG, che potrebbero essere alla base delle patologie muscolo scheletriche tipiche del lavoro d’ufficio (7).

Da un sondaggio della University of South Florida su un campione di lavoratori, è emerso che il 79% degli intervistati associa livelli di stress moderato-grave a uno stipendio insufficiente e il 94% è d'accordo o fortemente d'accordo sul fatto che gli aumenti di stipendio sono troppo pochi e rari e sono causa di grande insoddisfazione. Inoltre viene riferita tra le principali cause di stress la mancanza di opportunità di carriera. Ancora, circa il 74% del campione associa livelli di stress gravi o moderati con la burocrazia che, per l’ 81%, è una fonte primaria di insoddisfazione per il proprio lavoro. Infine, il 72% dei lavoratori indica tra le fonti di stress un sostegno inadeguato dai propri supervisori e dirigenti; il settore dirigenziale, infatti, svolge un ruolo importante nella produzione di insoddisfazione del lavoro: l'87% del campione non ama la loro autorità di vigilanza e l’81% non li ritiene competenti (5).
Un’altra correlazione significativa è stata riscontrata in relazione al carico di lavoro: in uno studio effettuato su un campione di giovani medici svizzeri, per i quali la mole di lavoro poteva essere considerata non eccessiva, solo 1/3 dei partecipanti riferiva livelli elevati di stress; inoltre ripetendo l’indagine nel corso del tempo, circa il 12% del campione ha riportato una diminuzione dei livelli di stress, dato probabilmente dovuto allo svilupparsi di un’ abitudine al carico di lavoro (4).
Tra le altre condizioni che rendono sfavorevole l’ambiente di lavoro un fattore molto importante è rappresentato dai livelli di soddisfazione lavorativa (3,8). Studi recenti dimostrano l’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale: bassi livelli aumentano il rischio di sviluppare disturbi stress-correlati, mentre alti livelli costituiscono un fattore protettivo (8).
Sembra inoltre che tassi più elevati di stress siano associati ad un ruolo minore nella scala sociale ma anche a mansioni gerarchicamente inferiori (3).
Quanto alla precarietà, la mancata sicurezza del proprio posto di lavoro è risultata importante nella genesi di disturbi psicologici, ma in misura maggiore per gli uomini, mentre per le donne è stata registrata una rilevanza inferiore. Nel sesso femminile, invece, si è vista una correlazione significativa col numero di ore lavorative: orari prolungati hanno determinato un maggiore ricorso alle cure del medico di famiglia, mentre per gli uomini è valso il discorso inverso (3); sempre in rapporto alle differenze di genere, è stato osservato che gli uomini sembrano rispondere meglio a un maggiore carico di stress nell’immediato, mentre le donne sopportano meglio un carico di stress a lungo termine (9).

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BIBLIOGRAFIA:
1. Holmes TH, Rahe RH. The Social Readjustment Rating Scale. Journal of Psychosomatic Research, 11:213-218. 1967.
2. Stress at work. DHHS (NIOSH) Publication No. 99-101. 1999.
3. Parslow RA, Jorm AF, Christensen H, Broom DH, Strazdins Lyndall, D’Souza RM. The impact of employee level and work stress on mental health and GP service use: an analysis of a sample of Australian government employees. BMC Public Health. 4:41. 2004.
4. Buddeberg-Fischer B, Klaghofer R, Stamm M, Siegrist J, Buddeberg C. Work Stress and Reduced Health in young Physicians: Prospective Evidence from Swiss Residents. Int Arch Occup Environ Health. 82:31-38. 2008.
5. Simmons C, Cochran JK, Blount WR. The Effects of Job-Related Stress and Job Satisfaction on Probation Officers’ Inclinations to Quit. American Journal of Criminal Justice. 21(2):213-229. 1997.
6. ISPESL, Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul lavoro. Lo stress in ambiente di lavoro – Linee guida per datori di lavoro e responsabili dei servizi di prevenzione. 2002.
7. Kristiansen J, Mathiesen L, Nielsen PK, Hansen AM, Shibuya H, Petersen HM, Lund SP, Skotte J, Jørgensen MB, Søgaard K. Stress reactions to cognitively demanding tasks and open-plan office noise. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82(5):631-41. 2009.
8. Visser M, Smets E, Oort FJ, de Haes H. Stress, Satisfaction and burnout among Dutch medical specialists. Canadian Medical Association Journal. 168(3):271-275. 2003.
9. Godin I, Kittel F, Coppieters Y, Siegrist J. A prospective study of cumulative job stress in relation to mental health. BMC Public Health. 5:67. 2005.