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domenica 8 novembre 2009

NORMATIVE

Da diverso tempo le ricerche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro hanno posto l’attenzione sui fattori di rischio non convenzionali, i cosiddetti “rischi trasversali”, tra i quali a ragione sono inserite le problematiche di natura psicosociale.
Potenzialmente, infatti, tutti i lavoratori possono essere esposti a stress occupazionale, che in molti casi può raggiungere livelli patologici, interferendo non solo con l’attività lavorativa e la produttività dell’individuo, ma anche e soprattutto con il suo stato di benessere.
Nonostante l’importanza di questa problematica, in Italia, a differenza del contesto internazionale, si è dovuto attendere l’entrata in vigore del Testo Unico in materia di tutela della Salute e della Sicurezza nei luoghi di Lavoro, il D.Lgs 81/2008 (1) perché fosse esplicitamente enunciato il termine “stress lavoro-correlato”.

LEGISLAZIONE ITALIANA
PRIMA DEL D. LGS 81/2008
In realtà un accenno al problema del disagio psicosociale sul posto di lavoro era contenuto anche nel Decreto Legislativo n. 626 del 1994 (2), che all’art.4 (Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto) comma 1 imponeva la valutazione di “tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”.
Ancora, il comma 4 dell’ art. 8 bis (Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione interni ed esterni) deliberava che “per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio di prevenzione e protezione … è necessario possedere un attestato di frequenza … a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psicosociale”.
Ovviamente questo semplice accenno non ha costituito di per sè un obbligo alla valutazione, alla cura e alla prevenzione del problema dello stress occupazionale, che quindi non è stato realmente mai affrontato.

IL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008
Col Testo Unico in materia di tutela della Salute e della Sicurezza nei luoghi di Lavoro (1), finalmente l’Italia si adegua alla legislazione europea, imponendo con l’art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi) comma 1 che la valutazione debba “riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004”.
Viene inoltre fissata una scadenza entro cui tutte le aziende devono effettuare la valutazione dello stress e cioè il 31/12/2008, salvo poi prorogare sul filo di lana questo termine con il Decreto Legge 30/12/2008 n. 207 (3) (Modifiche al D. Lgs 81/2008: Valutazione rischi (stress lavoro correlato) e comunicazioni all'INAIL dati infortuni sul lavoro), al 15 maggio 2009.
Il Decreto 81 segna così una tappa storica in tema di diritti dei lavoratori, ammettendo per la prima volta in maniera esplicita che lo stress occupazionale rappresenta un rischio lavorativo per la salute al pari della movimentazione dei carichi, degli agenti tossici o del rumore e promuovendo l’adozione di misure preventive per preservare lo stato di benessere dei lavoratori.

IL DECRETO LEGISLATIVO 106/2009
Con il D. Lgs. n. 106 del 3 agosto 2009 (4), (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) all’art 6 (Modifiche all’articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) comma 2 viene stabilito di affidare alla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, istituita Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, come previsto dall’art.6 del D.Lgs 81, il compito di “elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato”; inoltre viene ulteriormente prorogata la scadenza di effettuazione della valutazione del rischio stress con l’art.18 comma 1 b, che recita: “il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010”.
In sostanza quindi, le buone intenzioni per realizzare in tempi rapidi una valutazione del rischio da stress occupazionale nei luoghi di lavoro vengono disattese con un’ulteriore proroga, ma d’altro canto ci si prefissa di fornire le indicazioni necessarie per eseguirla in maniera corretta.

LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE
Uno dei primi organismi internazionali che si è occupato della salute mentale come una caratteristica irrinunciabile per la salute dei lavoratori è stato l’ International Labour Organization (5), l’agenzia dell’ ONU che si occupa della promozione dei diritti umani nell’ambiente di lavoro, che già nel 1981 nella Convenzione C155 (6) (Occupational Safety and Health Convention) proponeva all’art.3 che “il termine salute, in relazione al lavoro, indica non solo l'assenza di malattie o infermità; comprende anche gli elementi fisici e mentali che incidono sulla salute, che sono direttamente connessi alla sicurezza e igiene sul lavoro”. E ancora, nella Convenzione C161 del 1985 (7) (Occupational Health Services Convention), all’art. 1 stabiliva tra i compiti degli Organismi per la Salute e Sicurezza sul Lavoro di indicare “i requisiti per stabilire e mantenere un ambiente di lavoro sano e sicuro, che faciliterà ottima salute fisica e mentale in relazione al lavoro” e favorire “l'adattamento del lavoro alle capacità dei lavoratori alla luce del loro stato di salute fisica e mentale”.
Anche la Comunità Europea ha spesso sottolineato il problema della salute psichica occupazionale: ad esempio, nel 1999 Direzione generale Occupazione e affari sociali ha curato la stesura della Guida sullo stress legato all’attività lavorativa (8,9) (Spice of Life or Kiss of Death? Working on Stress); ancora, nelle Conclusioni del Consiglio del 15 novembre 2001 (10) (Combattere i problemi legati allo stress e alla depressione) al capo 11. “invita gli Stati membri a: … prestare particolare attenzione al crescente problema dello stress e della depressione legati al lavoro”; inoltre nel 2004 sigla l’Accordo Europeo sullo stress lavoro-correlato (11), con lo scopo di “aumentare la consapevolezza e la comprensione degli imprenditori, dei lavoratori e dei loro rappresentanti sullo stress da lavoro” e “portare la loro attenzione sui segnali che possono indicare problemi relativi allo stress da lavoro”. Come detto, tale accordo costituisce a tutt’oggi un riferimento per le procedure di valutazione del rischio stress nei luoghi di lavoro (art. 28, comma 1, D.Lgs 81/2008); infine nella Risoluzione del Parlamento Europeo sulla promozione della salute e della sicurezza sul lavoro del 24 febbraio 2005 (8,12) invita la Commissione “ad includere nel suo programma d’azione …rischi associati al lavoro e malattie psicologiche a lungo termine”, richiama l’attenzione “sulla necessità di approfondire ulteriormente l’indagine e la prevenzione delle malattie professionali conferendo a quelle di tipo psicosociale l’importanza che meritano”, invita “ad analizzare più attentamente la possibilità di presentare un approccio globale alla salute sul luogo di lavoro che comprenda tutte le forme di rischio come lo stress”.
Tra gli altri organismi internazionali che si sono battuti per il riconoscimento dello stress tra i fattori di rischio lavorativo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 2005, nel corso della Conferenza di Helsinki sulla Salute Mentale, ha adottato il ”Piano d’Azione sulla salute mentale per l’Europa” (8,13), nel quale vengono consigliate alcune iniziative volte a preservare lo stato di benessere psico-fisico nei luoghi di lavoro; in particolare, tra i dodici settori d’intervento, sono state proposte le seguenti azioni:
1. IX Creare ambienti di lavoro salutari introducendo misure quali esercizio fisico, cambio degli schemi di lavoro, orari ragionevoli e stili organizzativi salutari.
2. III Includere la salute mentale nei programmi che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro.
3. III Elaborare e realizzare politiche nazionali, di settore e aziendali che contribuiscano ad eliminare dalle pratiche lavorative lo stigma e la discriminazione associate ai problemi di salute mentale.
3. X Garantire una formazione professionale per coloro che soffrono di problemi di salute mentale e sostenere l'adattamento dei luoghi e delle pratiche di lavoro alle loro speciali esigenze, con l'obiettivo di assicurare il loro accesso al sistema occupazionale competitivo.
5. XI Monitorare la salute mentale correlata al lavoro mediante lo sviluppo di indicatori e strumenti appropriati.
5. XII Sviluppare le capacità di protezione e promozione della salute mentale nei i luoghi di lavoro, mediante la valutazione dei rischi e la gestione dello stress e dei fattori psicosociali, la formazione del personale e l'aumento della consapevolezza.

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BIBLIOGRAFIA:
2. Decreto Legislativo n. 626 del 25 novembre 1994 in http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/96626dl.htm
3. Decreto Legge n. 207 del 30 dicembre 2008 in http://www.camera.it/parlam/leggi/decreti/08207d.htm
4. Decreto Legislativo n. 106 del 3 agosto 2009 in http://web.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/09106dl.htm
8. Cesana G et al. Valutazione, prevenzione e correzione degli effetti nocivi dello stress da lavoro. DOCUMENTO DI CONSENSO. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale - Linee Guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. Volume 21. 2006.
9. Guida sullo stress legato all’attività lavorativa – spice of life or kiss of death? Commissione europea. Lussemburgo, 1999.