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venerdì 20 novembre 2009

STRUMENTI AD APPROCCIO OGGETTIVO

Nella valutazione obiettiva dello stress lavoro correlato, realizzata attraverso la stima delle caratteristiche esterne al lavoratore, lontane dalle condizioni di suscettibilità e predisposizione individuali che possono influenzare la misura del disagio psicofisico, ci si può concentrare su due aspetti principali: le caratteristiche dell’ambiente lavorativo e gli indicatori di esposizione a fattori stressanti.

ANALISI DELL’AMBIENTE DI LAVORO
Sono le cosiddette misure di situazione, basate sull’osservazione diretta delle condizioni proprie dell’ambiente lavorativo che possono essere percepite dal lavoratore come fonte di stress.
Sebbene sussista l’obbligo legale per il Datore di Lavoro di identificare e prevenire i rischi per la salute dei lavoratori, attualmente i provvedimenti legislativi non contemplano misure di prevenzione dello stress e quindi le condizioni che contribuiscono a determinarlo vengono purtroppo sottovalutate o ignorate.
Vengono incluse nelle misure di situazione:
- caratteristiche della mansione (orari di lavoro, routine, burocrazia, soddisfazione lavorativa, lavoro notturno o a turni, supporto da colleghi o superiori, responsabilità, prospettive di carriera, retribuzione, possibilità di crescita formativa, partecipazione al processo decisionale, lavoro straordinario, incentivi, livello di concentrazione o vigilanza, gratificazione, ecc)
- caratteristiche dell’ambiente lavorativo (microclima, condizioni ergonomiche, illuminazione, rumore, agenti tossici, agenti biologici o altri rischi per la salute dei lavoratori, postazione lavorativa, struttura gerarchica aziendale, servizi per i lavoratori, programmi formativi, programmi assistenziali, programmi di prevenzione, comunicazione azienda-dipendenti, politiche “familiari”, ecc)
- caratteristiche dei cicli produttivi (adeguatezza delle attrezzature, inerenza dei compiti con la mansione, carichi di lavoro, frequenza delle pause, possibilità di comunicazione, condizioni di rischio per la salute, tempi di esecuzione dei compiti, ecc)
Lo svantaggio nell’utilizzo di questa categoria di indicatori consiste nella necessità di valutare in prima persona gli ambienti di lavoro, servendosi di personale esperto e adeguatamente formato sulle caratteristiche negative e sui comportamenti nocivi della catena produttiva.
Inoltre con questo tipo di valutazione non vengono considerate le caratteristiche di suscettibilità individuale proprie dello stress.
Tra gli strumenti ad approccio oggettivo più utilizzati nell’analisi delle condizioni stressanti presenti nell’ambiente di lavoro troviamo alcuni questionari, di cui i principali sono:

CANEVAS di Delaunois et al. Creato nel 1995, presente solo in lingua francese. Fa parte del progetto di prevenzione dello stress SOBANE (1) (Screening, OBservation, ANalysis, Expertise; Belgio). Effettua un’analisi aziendale indagando la presenza di stress attraverso alcuni parametri tra cui: servizi, dipartimenti, azienda, organizzazione. Misura attività, ambiente, variabili individuali. E’ composto da 70 items (2).

FINNISH INSTITUTE FOR OCCUPATIONAL SAFETY AND HEALTH di Hurrell. Creato nel 1983, presente solo in lingua suomi. Fornisce una valutazione degli stressors presenti nell’ambiente lavorativo (psicosociali, fisici, chimici) tramite la misurazione di 12 campi d’azione principali, tra cui responsabilità, ripetitività dei compiti, capacità di prendere decisioni, ecc. E’ stato uno dei primi strumenti di valutazione ad approccio oggettivo (2) e il primo realizzato da un Istituto Nazionale per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro (3).

PAQ (Position Analysis Questionnaire) di McCormick et al (4). Creato nel 1972, presente solo in lingua inglese. E’ il primo questionario valutativo conosciuto. Fornisce una stima della presenza dello stress occupazionale attraverso un’attenta analisi delle attività svolte nell’azienda. Si basa su interviste rivolte ai supervisori e ai lavoratori. Esiste un’unica versione (195 items) (2,4).

RHIA/VERA di Leitner e Resch. Creato nel 1989, presente solo in lingua tedesca. Descrive e valuta i fattori di stress che si pensa possano incidere negativamente sulla salute. Vengono quindi considerate la monotonia del lavoro, i fattori ambientali avversi, la pressione lavorativa imposta dal tempo, ecc. Fornisce un quadro della presenza di stress occupazionale sia tramite la compilazione di un manuale tematico che con un sopralluogo dell’azienda (2).

SUVAPRO di Delaunois et al. Creato nel 1999, presente in tre lingue, tra cui l’italiano. Fa parte del progetto SOBANE (1). E’ un checklist della situazione relativa allo stress in azienda che si basa sull’analisi degli stressors, delle procedure volte a combatterlo e dei sintomi ad esso riferibili. E’ costituito da tre documenti: per i dirigenti (domande su incidenti, assenze, sicurezza sul lavoro), per i gruppi di lavoro (si richiede identificazione dello stress, misure per la sua prevenzione e il miglioramento delle condizioni lavorative), per gli individui (illustrazione di 5 casi in tema, ricerca di indici di stress, discussione su possibili interventi preventivi, ecc) (2).

TOMO (Travailleur et Organisation) realizzato dal PREVENT (5), l’Istituto di Salute e Sicurezza sul Lavoro belga. Fa parte del progetto SOBANE (1). Creato nel 1994, presente solo in lingua olandese. E’ un checklist che associa un inventario di rischi lavorativi con i servizi offerti dall’azienda. Valuta obiettivi, carico di lavoro, relazioni sul posto di lavoro, condizioni lavorative, regolamenti. E’ composto da tre documenti: inventario dei problemi (54 items), azioni preventive (137 items) e infine 54 items sugli argomenti precedentemente enunciati (2).

WEBA (Welzijn Bij of Arbeid) di Delaunois et al. Creato nel 1990, presente in lingua francese e olandese. Fa parte del progetto olandese “Combat Workstress Approach” (CWA). E’ uno strumento di job analysis volto a identificare le minacce per la salute in termini di stress, sovraccarico psichico e mancanza di opportunità di formazione lavorativa. E’ diviso in 7 settori principali: coerenza degli obiettivi col grado di preparazione dei lavoratori, organizzazione, assenza di cicli lavorativi troppo brevi, grado di difficoltà della mansione, autonomia lavorativa, contatti sociali, disponibilità di informazioni (2).

INDICATORI DI ESPOSIZIONE
Questi sistemi di valutazione sono basati sulla considerazione che l’esposizione a livelli nocivi di stress determina sul lavoratore delle modificazioni della performance o dello stato di salute che possono essere utilizzate per realizzare una stima della sua esposizione.
Il limite degli indicatori di esposizione è dato dal fatto che forniscono solamente una misura generale dello stress, senza tenere conto se la sua origine sia occupazionale o da riferirsi a fattori esterni all’attività lavorativa.
Si distinguono:


MISURE DI PERFORMANCE
Come ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica internazionale, l’esposizione ad elevati livelli di stress determina nel lavoratore una diminuzione dell’efficienza lavorativa.
Il riscontro, quindi, di alcune variabili indicatrici di una riduzione della produttività viene a volte utilizzato nella stima dell’esposizione allo stress.
Un esempio caratteristico riguarda l’assenteismo, gli infortuni ripetuti e il ritardo cronico, ma anche le pause prolungate e l’abitudine di ritardare il rientro al lavoro dopo vacanze o permessi. Ancora, sono considerati indicatori di stress il mancato rispetto dei tempi di consegna o l’incapacità di portare a termine i compiti assegnati, le richieste di trasferimento e l’eccessivo ricorso all’aiuto dei supervisori, gli errori frequenti e l’incapacità di collaborare o socializzare con i colleghi o i superiori.

INDICATORI PATOLOGICI
Come più volte enunciato, alti livelli di stress sono in grado di determinare delle alterazioni patologiche dello stato di benessere dell’individuo; l’individuazione, quindi, delle condizioni ufficialmente riconosciute come riconducibili all’esposizione a fattori stressanti viene talvolta utilizzata come misura di rischio.
Fanno parte di questa categoria:
- cortisolo: una iperincrezione di cortisolo è riconosciuta come indice di stress (6) e per questo la misurazione della sua concentrazione salivare viene utilizzata come marker. Elevati livelli di cortisolo, infatti, sono stati registrati in risposta a stress indotti, a severe situazioni familiari di stress o dopo litigi ricorrenti (6). Tuttavia, non si è dimostrato un buon indice nei lavoratori anziani per una probabile scarsa responsività dei recettori ipotalamici per il cortisolo ed è da molti considerato troppo sensibile a fattori esterni per essere ritenuto veramente affidabile, inoltre, come tutti gli indicatori di esposizione non è in grado di discernere l’origine occupazionale dello stress.
- catecolamine: in quanto indice diretto dell’attività del sistema nervoso simpatico, la stima della concentrazione di adrenalina e noradrenalina nelle urine attraverso dispositivi automatici è stata proposta quale metodo di valutazione dell’esposizione a stress (7); tuttavia l’elevato numero di variabili in grado di influenzarne i dosaggi urinari, la poca praticità delle procedure di misurazione e i limiti comuni agli altri indicatori di esposizione rendono questo metodo poco affidabile.
- frequenza cardiaca: si tratta di uno degli indici più antichi e utilizzati nella stima del disagio psicofisico; tuttavia presenta fisiologicamente un elevato grado di variabilità soggettiva: fattori costituzionali, abitudine, personalità, attività sportiva, determinano differenze individuali molto accentuate, per cui, sebbene un suo aumento sia universalmente riconosciuto nella risposta adattativa allo stress, non può considerarsi come un indicatore affidabile della sua misurazione.
- pressione arteriosa: studi scientifici dimostrano una correlazione significativa tra la comparsa di ipertensione e l’esposizione a fattori stressanti. Nonostante questa considerazione, il numero non trascurabile di variabili non occupazionali in grado di determinare modificazioni della pressione arteriosa non permettono di considerarla come un sicuro indice di esposizione; tuttavia il riscontro di un incremento pressorio, se associato ad altre condizioni stress-correlate, può contribuire a quantificare i livelli di stress nell’individuo.
- altri indicatori: la ricerca sullo stress ha permesso di considerare diversi parametri in cui è possibile individuare una correlazione con i livelli di stress (funzione insulinica, pupillometria, elettromiogramma, encefalogramma e potenziali evocati (7), endorfine, colesterolo), tuttavia a tutt’oggi nessuno di questi metodi ha mostrato risultati tali da renderlo preferibile agli strumenti attualmente utilizzati.

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BIBLIOGRAFIA:
2. Tabanelli MC, Depolo M, Cooke RMT, Sarchielli G, Bonfiglioli R, Mattioli S, Violante FS. Available instruments for measurement of psichosocial factors in the work environment. International Archives of Occupational and Environmental Health. 82:1-12. 2008.
4. McCormick EJ, Jeanneret PR, Mecham RC. A study of job characteristics and job dimensions as based on the position analysis questionnaire (PAQ). Journal of Applied Psychology. 56(4):347–368. 1972.
6. Ice GH. Factors influencing cortisol level and slope among community dwelling older adults in Minnesota. Journal of Cross-Cultural Gerontology. 20:91-108. 2005.
7. Cesana G et al. Valutazione, prevenzione e correzione degli effetti nocivi dello stress da lavoro. DOCUMENTO DI CONSENSO. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale - Linee Guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. Volume 21. 2006.